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Chi decide la dieta vegana del figlio?

Dieta vegana ai figli minori

Con ordinanza del 16 ottobre 2016 il Tribunale di Roma ha disposto che la figlia minore di una coppia separata segua una dieta priva di restrizioni. Con tale decisione il Giudice romano ha precluso alla madre di imporre unilateralmente alla figlia una dieta vegana.

Il tema delle diete vegan è divenuto di stretta attualità data l’accresciuta sensibilità verso questo regime alimentare e l’attenzione ad esso riposta da parte di tutti i media. Si tratta di un argomento molto caldo, capace di dividere l’opinione pubblica in contrapposti ed agguerriti fronti.

Il dissidio di vedute, nel caso deciso dal Tribunale di Roma, è stato tale da provocare l’intervento dell’Autorità Giudiziaria.

La questione nasce dal fatto che la madre di una bambina aveva richiesto unilateralmente alla scuola la disposizione in favore della figlia di una dieta vegana e quindi priva di alimenti costituiti da prodotti animali e loro derivati.
Il padre della bambina si era opposto a tale scelta lamentando l’unilateralità della decisione della madre nonché gli effetti nocivi sulla salute della figlia.

Il Tribunale romano, constatato che quella relativa alla scelta del regime alimentare dei figli è una questione di “maggiore interesse”, ha affermato che la dieta del minore, riguardando la sua salute, costituisce una decisione di massima importanza che deve trovare il consenso di entrambi i genitori ai sensi dell’art. 337-ter c.c.

Il Giudice riconosce la possibilità dei genitori di discostare il regime alimentare dei figli da quello tradizionale, ma ciò sul presupposto della “convergenza di scelte educative dei genitori” (sempre che questo non comporti un danno alla salute del minore).

Nel trovare una soluzione al caso, il Giudice ha valutato se vi fossero delle ragioni mediche (allergie, intolleranze, specifiche patologie ecc.) per cui la bambina non potesse avere un’alimentazione tradizionale. Dalle risultanze probatorie non sono emerse simili esigenze, ma anzi è stato acclarato che la bambina nonostante la buona salute si collocava nella fascia di minor accrescimento per la sua età. Il Giudice ha così applicato i “parametri di normalità statistica che impongono di far seguire alla figlia minore delle parti un regime alimentare privo di restrizioni”. In altri termini, non essendoci problemi medici e non essendoci l’accordo dei genitori, ci si deve attenere a ciò che fanno i genitori nella generalità dei casi.

Non meno importante è la considerazione del Giudice in relazione alla salubrità del regime alimentare tradizionale. La madre, infatti, sosteneva di aver richiesto la dieta vegana sulla base non solo di una propria convinzione etica, ma anche sulla base della presunta minor salubrità degli alimenti di origine animale, nonché della presenza di ingredienti dannosi per la salute in molti cibi confezionati. Tali argomentazioni non sono stante accolte dal Tribunale che ha evidenziato il fatto che non ci siano prove idonee a sostenere tali affermazioni, oltre al fatto che il regime alimentare seguito dai bambini nelle scuole garantisce la corretta e sana crescita dei minori grazie alla supervisione e al controllo delle Istituzioni pubbliche a ciò deputate (Ministero della Salute e della Pubblica Amministrazione). Il Giudice ha, quindi, disposto la somministrazione di una dieta tradizionale e variegata anche sulla base dell’assenza di circostanze scientifiche che facciano dubitare della salubrità della dieta.

Un nuovo reato?

La questione a livello nazionale, tuttavia, sembra tutt’altro che sopita. In Parlamento, infatti, è stata proposta l’introduzione del nuovo reato di “Imposizione di una dieta alimentare priva di elementi essenziali per la crescita di un minore” che punisce chiunque, “fuori dei casi previsti dall’articolo 572, impone o adotta nei confronti di un minore degli anni sedici, sottoposto alla sua responsabilità genitoriale o a lui affidato per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, una dieta alimentare priva di elementi essenziali per la crescita sana ed equilibrata del minore stesso” con la pena della reclusione fino a un anno. A ciò si aggiungono diverse aggravanti per i casi in cui dall’imposizione della dieta vegana o comunque ritenuta dannosa per il minore, derivi allo stesso “una malattia o una lesione personale permanente”, la morte, oppure per il caso in cui le condotte sanzionate siano adottate nei confronti dei minori di anni tre.

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