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Responsabilità penale nell’accompagnamento in montagna

La responsabilità di chi accompagna in montagna

La responsabilità penale sorge con il compimento di un reato che può essere definito come un fatto umano, antigiuridico e colpevole.

Vediamo qui di seguito cosa significa.

1) IL FATTO

Il fatto è un’azione o un’omissione: aver fatto o non aver fatto qualcosa.

La condotta deve essere collegata all’evento da un particolare nesso, detto nesso di causalità, per cui si può dire che quella determinata condotta ha reso possibile (ha causato appunto) quel determinato evento.

Non v’è responsabilità se l’evento è dipeso da un altro fattore e non dalla propria condotta: si parla, infatti, di interruzione del nesso di causalità.

Tra i fatti capaci di interrompere il rapporto di causa-effetto vi è:

– il caso fortuito: evento imprevisto e imprevedibile che si inserisce all’improvviso nell’azione del soggetto e non può ricondursi alla propria condotta;
– la forza maggiore: particolare impedimento, una forza irresistibile rispetto all’uomo e che derivi da causa a lui non imputabile.

ESEMPIO: il classico fulmine a ciel sereno.
Va però prestata attenzione perché non sempre il fulmine è caso fortuito soprattutto in montagna: bisogna valutare la sua prevedibilità.

 

2) ANTIGIURIDICITÀ

L’antigiuridicità si definisce come l’assenza di cause di giustificazione: cioè un qualcosa che giustifica il compimento di un reato.

Tra le giustificazioni di un reato che rilevano nel contesto della montagna c’è lo stato di necessità. L’art. 54 c.p. afferma che “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.

ESEMPIO: l’alpinista in cordata che, in grave difficoltà e vedendo irrimediabilmente minacciata la sua vita, taglia la corda per sopravvivere lasciando cadere il compagno.

Il fatto sarebbe reato ma data la presenza di una causa di giustificazione si esclude la responsabilità penale.

 

3) COLPEVOLEZZA

La colpevolezza si ha quando il fatto è posto in essere con dolo o colpa da un soggetto imputabile, cioè capace d’intendere e di volere.

dolo: quando il soggetto agisce con l’intenzione di cagionare quel determinato reato, quindi l’agente si rappresenta e vuole il reato.
colpa: quando il soggetto non vuole il compimento del reato, ma ciò nonostante lo realizza per la violazione di regole cautelari di diligenza, perizia, prudenza (colpa generica) o per l’inosservanza di norme contenute in leggi, regolamenti, ordini e discipline (colpa specifica).

ESEMPIO 1: è negligente partire in ferrata senza controllare la propria e l’altrui attrezzatura tecnica.

ESEMPIO 2: è imprudente iniziare un’escursione in caso di forte maltempo o di previsione di forte maltempo.

ESEMPIO 3: è imperito non seguire le particolari tecniche proprie di una determinata attività, come l’errato posizionamento di un  ancoraggio.

ESEMPIO 4: è colpa specifica se la Guida Alpina lega 5 o più alpinisti alla sua corda perché il regolamento Guide Alpine prevede che “la guida non può in nessun caso legare alla propria corda più di quattro alpinisti”.

Concetto fondamentale per valutare se si è in colpa o no è la prevedibilità dell’evento o del pericolo: più l’evento dannoso poteva dirsi prevedibile (quindi evitabile) più il soggetto deve adottare misure di sicurezza.

ESEMPIO 1: l’accompagnatore che organizza un’escursione in primavera dovrà valutare e verificare la presenza lungo il percorso di tratti ancora innevati o ghiacciati. Tanto più è prevedibile la neve o il ghiaccio tanto più dovrà pianificare in tal senso la gita e richiedere l’attrezzatura adeguata.

ESEMPIO 2: per tornare all’esempio del fulmine, è prevedibile un mutamento di condizioni meteo per cui potrebbe esserci un temporale e quindi la caduta di un fulmine?

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È importante adottare precauzioni: tutte le precauzioni necessarie per prevenire ed evitare incidenti o anche pericoli.

In questo senso si può:

– fare riferimento alle linee guida e ai regolamenti CAI per le varie discipline e le varie qualifiche;

– fare riferimento al senso di diligenza, prudenza e perizia dell’accompagnatore medio.

– considerare molti fattori tra cui: tempo e luogo dell’escursione, grado di preparazione dei partecipanti, numero di partecipanti, idoneità dell’equipaggiamento e capacità di utilizzo.

Per quanto riguarda le raccomandazioni rivolte ai componenti del gruppo si deve ricordare che la raccomandazione non deve essere “scheletrica”, ma deve dare la precisa consapevolezza dei pericoli e dei rischi che si incontrano nel non seguire alla lettera le istruzioni dell’accompagnatore e deve dare una precisa rappresentazione dell’evento da evitare.

ESEMPIO: se nel corso dell’escursione c’è un bivio che porta ad un luogo pericoloso, gli accompagnatori devono avvisare della presenza di tale bivio, della sua pericolosità, delle conseguenze che posso derivare dal non seguire le indicazioni fornite e nel non rimanere nel gruppo, inoltre, un accompagnatore dovrebbe porsi in corrispondenza del bivio per assicurarsi che nessuno sbagli strada.

 

La responsabilità penale è personale (art. 27 Cost.). Ciò significa che nessuno può essere punito per un comportamento tenuto da altri.

 

I singoli reati che rilevano nell’ambito dell’accompagnamento in montagna possono essere:

1) Omicidio (art. 589 c.p.) e lesioni colpose (art. 590 c.p.)

Art 589 c.p.: “Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni […]”.

Art. 590 c.p. “Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309 […]”.

2) Omissione di soccorso (art. 593 c.p.)

Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un’altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all’Autorità è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a duemilacinquecento euro.
Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’Autorità.
Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata”.

Non è necessario che dalla condotta omissiva derivino una lesione o la morte. Tale reato impone un dovere generale di assistenza da cui ci si può astenere solo per cause di giustificazione (es. art. 54 c.p.). Dovere di intervenire in relazione alle proprie capacità e alla situazione, in ogni caso avvisare l’Autorità e chiamare i soccorsi.

Art. 17 Regolamento Associazione Guide Alpine Italiane “la guida non deve abbandonare i propri clienti se non per necessità di soccorso verso altri alpinisti in pericolo e a condizione di non compromettere la sicurezza dei propri clienti”.

3) Abbandono di persone minori o incapaci (art 591 c.p.)

Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni […]”.

Solo per coloro che hanno la custodia o devono aver cura di minori o incapaci (= alpinista inesperto).

L’abbandono si definisce come l’azione o l’omissione da cui derivi un pericolo anche solo potenziale per il minore o l’incapace, anche abbandono temporaneo. Punibile solo a titolo di dolo quindi non ci sarà responsabilità penale per negligenza, distrazione, disattenzione.

4) Esercizio abusivo della professione (art. 348 c.p.)

Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da centotre euro a cinquecentosedici euro”.

Si tratta dell’esercizio abusivo della professione di Guida Alpina per cui è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. L’accompagnatore che non abbia tale qualifica professionale non potrà mai farsi pagare per l’accompagnamento in montagna.

5) Inondazione, frana o valanga (art. 426 c.p.)

Chiunque cagiona un’inondazione o una frana, ovvero la caduta di una valanga, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni”.

È un reato di pericolo che si integra per il semplice fatto dell’inondazione, della frana o della valanga poiché il pericolo per la pubblica incolumità è presunto dalla legge. È punibile anche a titolo di colpa ai sensi dell’art. 449 c.p. “delitti colposi di danno”. Si definisce valanga una massa di neve che si distacca dalla montagna e accrescendosi progressivamente cade su un punto più basso, con caratteristiche del disastro, cioè tale da mettere in pericolo un numero indeterminato di persone.

6) Incendio boschivo (art. 423-bis c.p.)

“Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
Se l’incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall’incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall’incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all’ambiente”.

Reato doloso e colposo.

Domande frequenti